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Da piccolo Kirk era esile, molto magro. Mangiava poco. La mamma provava un forte dispiacere nel vederlo così debole. A volte faceva portare fuori la cucina economica con tanto di bombola del gas, dietro casa, davanti alla palude. Voleva far sentire il gracidare delle rane al suo bambino. Sperava che sentendole si sarebbe distratto, tanto da riuscire a ficcargli in bocca qualche cucchiaio di pappa.
Una mattina Kirk, che aveva già nove anni, si svegliò presto per vedere la neve dalla finestra della sua cameretta. In quei giorni era caduta parecchia neve. Ma la giornata si prospettava grigia e nebbiosa. La nebbia andava aumentando offuscando il sole, che sempre più pallido, appariva e scompariva lentamente.
L’assenza di sole aveva procurato a Kirk un’improvvisa introversione e il suo solito carattere taciturno andava peggiorando facendolo apparire sempre più triste e sconsolato. Una specie di angoscia lo stava agitando fino a farlo decidere di uscire, da solo. I suoi genitori stavano giù nel laboratorio, impegnati freneticamente come sempre. Scivolò di sotto quasi inconsapevolmente senza farsi vedere, fino in cantina. Pensò subito di infilarsi un paio di stivaloni di gomma che aveva appena visto lì alla fine delle scale, che anche se gli andavano larghi gli avrebbero permesso di camminare nella neve. Se li infilò facilmente.
Tornò di sopra e, sempre non visto, aprì la porta e corse fuori. Guadagnò rapidamente la campagna che stava dietro casa e una volta avvertita la lontananza fece uno sbuffo e si mise a camminare più lentamente nella neve. La nebbia si infittiva sempre più. A mala pena si distinguevano i filari dei pioppi che contornavano il campo ma, oltre al senso di libertà aumentava anche la pena nel suo corpicino che voleva vivere malgrado la debolezza. Pena nella sua piccola testa infreddolita e ancora inadatta all’esistenza. Era un malessere profondo, legato o forse generato proprio dalla sua infanzia difficile e tormentata. Kirk si sentiva punito dalla vita, nel corpo e nello spirito. La mamma aveva poco tempo di stare con lui perché doveva lavorare sodo, sia nella bottega che nelle faccende domestiche.
L’unica cosa che gli restava da fare nella sua tenera esistenza era stare zitto. Osservare il mondo. Sentirsi protetto solo dalla sua introversione. Dal suo essere taciturno.
Sembrava che quella mattina avesse scelto di affrontare se stesso e la sua introversione. Un involontario tentativo di uscire dal suo guscio. Ma in realtà rimaneva solo un grande dolore amplificato dalla solitudine, fino a quando la nebbia non si fece tutt’uno con la neve. Il mondo era lentamente diventato una palla di color grigio monocromo.
Certo non si sentiva perso. Quella campagna la conosceva bene per esserci stato più volte a giocare coi suoi compagni, bambini grezzi che si accanivano con scherzi crudeli su di lui creatura indifesa ed estremamente permalosa. Non era piacevole. Ma non si poteva fare altro. I genitori gli avevano già più volte spiegato che bisognava affrontare la vita, bisognava giocare con gli altri bambini, difendendosi dai loro attacchi. Ma questo proprio non gli riusciva.
Fu così che, inspiegabilmente, Kirk vagando in quel paesaggio sospeso si addentrò nei meandri di pensieri profondi sul senso di tutta questa sofferenza, senza saperlo, senza nemmeno pensarlo a parole.
Non si distinguevano più le forme. Si sentiva solo il suo respiro affannoso. La sofferenza era insopportabile.
D’un tratto Kirk si fermò. Immobile. Gli sembrava che ci fosse qualcuno li intorno. Che in qualche modo era lì per lui. Una presenza molto reale nei suoi sentimenti, nelle sue emozioni. Non si trattava di una persona. Ma quella presenza lo faceva stare meglio, tanto da sentirsi rasserenato. Tanto da desiderare il ritorno.
Quando Kirk tornò a casa era quasi mezzogiorno. Lui lo sapeva perché lui sapeva sempre dove era e che ora era. Era tornato il sole mentre si intrufolava in casa. Nessuno si era accorto della sua assenza. Tutti continuarono a lavorare come sempre, faticosamente ma con grande speranza nel futuro.
Dopo anni Kirk, pensando alle emozioni di quella mattina capì. Sapeva chi fosse venuto a consolarlo come nessuno mai aveva saputo fare prima, nel freddo di quella mattina grigia. Sapeva che quella presenza era la chiave di tutto e che nulla poteva essere spiegato senza di lei. La natura.